
Parliamone: Piccole donne crescono di Louisa
Titolo originale: Good Wives (Little Women Book 2)
Pubblicazione: 1869
Genere: romanzo di formazione
Pagine: 327 circa
Dove trovarlo: Amazon, Feltrinelli, Mondadori, Ibs, Il Libraccio
Il romanzo di Louisa May Alcott, che comprende Piccole donne e Piccole donne crescono è stato pubblicato la prima volta in due volumi usciti nel 1868 e 1869 e riuniti successivamente in un unico volume nel 1880.
Negli anni è diventato uno dei classici più conosciuti della letteratura dell’800
Trama
Le sorelle March sono cresciute e con esse anche i problemi.
Nuovi amori, matrimoni e figli sconvolgono la vita della giovane Meg.
Jo e Amy, invece, si dedicano alla propria arte. Amy segue la zia in Europa, mentre Jo inizia a lavorare per una famiglia a New York…
Parliamone
Benvenuti in questo articolo, come al solito, vi premetto che questa non è una recensione.
Qui ci sono io che blatero sulle mie impressioni, assolutamente soggettive, sull’opera.
Se volete seguirmi nelle riflessioni, vi aspetto nei commenti.
Non ero stata molto colpita da Piccole donne per via della spietata dose di zucchero con la quale la storia è infarcita e l’instancabile bontà che caratterizza i personaggi.
Ebbene, Piccole donne crescono mi ha fatto rivalutare completamente il primo libro.
Ma solo perché questo secondo volume butta giù a calci Piccole donne dal podio e gli strappa la medaglia per ipocrisia e perbenismo.
In questo romanzo non c’è un vero e proprio conflitto perché i personaggi vedono sempre e comunque il lato positivo della vita e, anche quando si parla di torti subiti o gravi perdite, si scrollano di dosso il pessimismo e sorridono alla vita.
Praticamente ci troviamo nel Candido di Voltaire, ma senza l’interessante lato di critica filosofica.
La crescita delle piccole donne
In Piccole donne crescono che, voglio sottolineare, in lingua originale aveva un titolo un po’ più chiaro (Good Wifes) tutte le ragazze March (esclusa Beth, per ovvie ragioni e Meg che rimane fedele a sé stessa), crescono, maturano e…
Abbandonano le loro passioni perché essere mogli e madri è l’unica strada che porta la felicità nella vita di una donna.
Punto e basta.
Non ha importanza che fin dalle prime pagine ci spacciassero Jo come la ribelle, il “maschiaccio”, colei che vuole fare di testa sua e ha nella testa solo la scrittura.
Non solo perde, da una pagina all’altra, questo suo carattere così determinato, ma abbandona del tutto la sua passione.
Alla fine del libro Jo praticamente non scrive più.
Sapete da dove arriva questa scelta?
No?
Nessun problema, ve lo racconto.
C’è un pezzo in cui Jo va a lavorare come educatrice in una famiglia.
Nel tempo libero si mette a scrivere storie horror perché sono di moda e i giornali le pagano bene: una cosa come 25/30 dollari a pezzo che, sinceramente, è un prezzo alto pure ai giorni nostri, chiariamoci.
Ebbene: intanto nasconde il fatto che sia lei a scriverli perché ha paura che la famiglia scopra che scrive quel genere di storie..
Posso capire fino a un certo punto, perché ci hanno spacciato i March come comprensivi all’ennesima potenza e non bigotti, quindi è una paura infondata.
Ma non è la parte peggiore.
In casa c’è un professore tedesco che insegna ai bambini, Jo lo trova subito piacevole e i due fanno amicizia.
Il professore trova una pagina del giornale con sopra un racconto horror, non uno scritto da Jo, ma dello stesso genere.
Lo guarda schifato e lo critica come se si stesse parlando di qualcosa di osceno, di depravato… qualcosa di veramente riprovevole che posso paragonare solo con il prendere a sprangate dei cucciolo.
Ebbene, dalla reazione di Jo, capisce che anche lei scrive racconti del genere e, in pratica, le fa la morare.
Jo si vergogna talmente tanto che smette di scrivere, visto che in quel periodo non andavano di moda i racconti che più le piacevano e il giornale non li comprava.
Quindi non solo smette di fare quello che le piace, ma anche di avere un introito significativo, senza fare danno a nessuno e pensando che avrebbe potuto spazzare le strade “almeno sarebbe stato un lavoro onesto”.
E alla fine questo professore se lo sposa pure!
Ted che asseconda le sue passioni e il suo carattere, no.
Non è fatto per lei.
Lo lascia a Amy senza neanche un briciolo di rancore.
Il vecchiaccio che non sa far altro che giudicarti e a cambiare te stessa, subito all’altare…
Capite che c’è qualcosa che non va: se mi spacci Jo per un personaggio forte e testardo e le fai fare una cosa del genere, le cose sono due:
- O stai mentendo al lettore quando hai scritto la descrizione
- Oppure l’hai fatto agire come quel personaggio non farebbe.
In pratica, Jo serviva solo a prendere all’amo le ragazzine ribelli per riportarle all’ovile:
“Guarda che anche lei si è sistemata alla fine ed è molto più felice così, che a seguire le sue passioni non da signora”.
Stesso percorso lo fa Amy.
Nella sua adolescenza ha provato ogni tipo di arte grafica: pittura, scultura, acquerello, colori a olio.
Viene perfino invitata in Europa da sua zia per poter imparare e vedere il mondo e dove la porta tutto questo?
A lasciar perdere perché non sarebbe mai stata abbastanza brava, anello al dito e via che si va a fare bambini.
Dal mio punto di vista?
Un involuzione spaventosa.
Il povero personaggio di Beth non lo voglio neppure toccare perché mi fa solo venire il nervoso.
Ormai di spoiler ne sto facendo, quindi ve lo dirò:
Beth muore a seguito di complicazioni per la scarlattina, ma neanche questo lo si può considerare un avvenimento tragico perché Beth in prima persona non è triste della cosa.
Sapeva che era sempre stato questo il suo destino.
E la sua dipartita scivola così, senza troppo dolore perché Beth a parte vederla suonare in due o tre scene, non ha un vero sviluppo.
Quando sta arrivando la fine lei lo dice che non ha mai fatto niente perché sentiva che non sarebbe mai diventata adulta…
Ma non è credibile una reazione del genere alla propria morte imminente.
Infine, Meg, che, a parer mio, è il personaggio più credibile di tutti perché fin da piccola ha sempre avuto il sogno dell’amore romantico e va fino in fondo.
Certo, relazione e matrimonio di altri tempi, ma almeno non ci viene raccontata in un modo per lanciare tutto alle ortiche.
Per me è l’unica che mantiene un briciolo di dignità alla fine di tutto questo romanzo.
Ciò che mi ha più infastidito di questo romanzo è che tutto è nascosto dietro un’apparenza di libera scelta.
I genitori March sono sempre accondiscendenti e assecondano ciò che vogliono le figlie, quindi il fatto che tutte arrivino a rappresentare la perfetta moglie, è solo una loro scelta perché le rende felici.
Non ci sono altre strade.
Abbiamo tre personaggi completamente diversi l’uno dall’altro che arrivano ad avere praticamente la stessa identica conclusione e sono tutte felici.
Ma, ehi, è un classico, quindi è bello per forza! No?
In conclusione
Per me, dall’alto del mio niente, Piccole donne e Piccole donne crescono possono filare via e sparire dagli scaffali dei libri per l’infanzia.
Danno un’idea di amore, di crescita personale e di aspirazioni assolutamente anacronistiche, ma rappresentano modelli di comportamento e di pensiero che non fanno altro che portare avanti le problematiche sessiste.
Problematiche che partono e affondano le proprie radici nella convinzione che nonostante la tua personalità e le tue passioni, esiste solo un tipo di donna al mondo.
Se vuoi essere felice, prima o poi ti dovrai arrendere a questo fatto.
Quindi sposati, molla tutto quello che ti piace, e fai bambini, grazie.
Direi che nel 2022 possiamo superare questi messaggi e leggere opere più interessanti.
Ci sono un sacco di classici molto più profondi di queste due pozzanghere travestite da famiglia del Mulino Bianco.
Potete leggere anche:
–Piccole donne di Louisa May Alcott
–Romeo e Giulietta di Shakespeare
–Recensione: La gabbia dorata – Camilla Läckberg
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Alle.

