
Parliamone: Via col vento di Margaret Mitchell
Titolo originale: Gone with the Wind
Pubblicazione: 1936
Genere: Storico, drammatico
Pagine: 1100 circa
Dove trovarlo: Amazon, Feltrinelli, Mondadori, Ibs, Il Libraccio
Via col vento, unico romanzo di Margaret Mitchell, vince il premio Pulitzer nel 1937 e diventa celebre grazie all’omonimo film, diretto da Victor Fleming, e uscito nelle sale nel 1939.
Trama
1861, siamo a Tara, una piantagione di cotone della Georgia, dove vive Rossella, figlia sedicenne di Geraldo O’Hara, il ricco proprietario di origini irlandesi.
Rossella è abituata a essere viziata e ammirata sia dal padre che dai suoi numerosi spasimanti.
A Rossella, però, importa solo di un ragazzo: Ashley Wilkes.
I due hanno passeggiato insieme, si sono scambiati teneri baci e Rossella è convinta che prima o poi Ashley la sposerà.
Il suo sogno di infrange al ricevimento di fidanzamento di Ashley e Melania Hamilton.
La vita di Rossella viene stravolta dalla notizia e dal rifiuto di Ashley, ma non sa che è solo l’inizio infatti, nell’arco di pochi anni, tutti gli stati del Sud verranno devastati dalla guerra di secessione…
Parliamone
Come sempre, vi ricordo che questa non sarà una vera e propria recensione.
Si tratta piuttosto di una chiacchiera su quello che questo romanzo mi ha lasciato o su cui mi ha fatto riflettere questo romanzo.
Innanzitutto, parto dal dire che era convinta che il romanzo fosse stato scritto alla fine dell’Ottocento, contemporaneo a Piccole Donne, per intenderci.
Col senno di poi, devo dire che quei settantacinque anni di scarto si notano tutti e sono proprio loro che rendono Via col vento un romanzo così ben riuscito, secondo me.
Ho sentito molte critiche, in particolare al film, per la rappresentazione delle persone di colore.
La polemica verteva principalmente sull’eliminare alcune scene o togliere il film dalle piattaforme perché razzista.
Il mio parere era, ancora prima di conoscere la storia, che fosse assurdo stagliuzzare opere del passato perché hanno dei messaggi, dei modi di rappresentare le persone o delle parole che oggi non vanno bene.
Mi è sempre sembrato un modo per nascondere la testa sotto la sabbia, darsi la pacca sulla spalla e raccontarsi la favoletta secondo cui oggi siamo perfetti.
Non siamo perfetti e i nostri pregiudizi e le discriminazioni derivano in buona parte dalla nostra storia.
Ci fa bene vedere opere di cento, duecento, trecento anni fa che mostravano non solo una società completamente diversa dalla nostra, ma anche un pubblico che è lontanissimo da noi.
Diverso e lontano da noi, ma da cui non ci siamo ancora distaccati come dovremmo fare: le discriminazioni, i pregiudizi, le parole dispregiative esistono ancora e fanno ancora danni.
Sarebbe necessario un disclaimer all’inizio dell’opera, o nella scena incriminata, che spiega perché ciò che stiamo vedendo non vada bene.
Ma eliminare e basta qualcosa, non insegna niente.
Il razzismo nell’opera
Molte opere sono state tacciate di razzismo, ma dopo aver conosciuto la storia di Via col vento ho trovato le critiche nei suoi confronti più immotivate di altre.
È vero, le persone nere che compaiono in quest’opera sono rappresentate in modo stereotipato.
C’è da riflettere sul fatto che, i neri che incontriamo in quel romanzo sono schiavi e come tali sono stati cresciuti e istruiti.
Quindi li vediamo spesso come persone poco colte e, soprattutto, che non aspirano a niente di più.
Oggi è difficile da accettare anche solo il pensiero che una persona non si lamentasse di non avere la libertà e, anzi, potesse essere appagata.
E grazie al cielo che sia diventato così difficile crederlo.
Tuttavia, nel romanzo i personaggi di colore che vediamo di più sono quelli che lavoravano in casa, non i poveracci nelle piantagioni.
È normale che, in quel contesto culturale, in quegli anni, queste persone potessero essere soddisfatte dalla propria posizione perché fin da piccoli sono stati cresciuti pensando che era quello il loro posto.
I protagonisti di Via con vento sono suddisti, proprietari terrieri, famiglie che vivono producendo cotone e ciò che diventa chiaro man mano è che erano persone normalissime.
Avevano caratteristiche positive, altre negative perché erano persone.
Solo che erano cresciute nell’ottica che utilizzare schiavi fosse normale.
Siamo noi, a distanza di anni, che possiamo vedere il paradosso.
C’è una scena, in particolare, verso la metà del romanzo in cui Rossella, alla fine della guerra, parla con due donne del nord. Le due avevano seguito i mariti in Georgia e cercavano una bambinaia per i figli.
Rossella dice loro di rivolgersi a una nera per sapere chi contattare.
Le due donne sono sconvolte: come avrebbero mai potuto affidare i propri pargoli a una nera? Come avrebbero potuto fidarsi?
Ebbene: tra Rossella che aveva posseduto schiavi e le due donne del Nord, chi è la più razzista tra i due?
Familiarità e pregiudizi
Gli abitanti del nord degli Stati Uniti diffidavano dei neri per il semplice fatto che non ne avevano mai visti, quindi ai loro occhi erano strani.
Inoltre, avevano solo sentito parlare di loro e, se li conoscevano, era grazie agli stereotipi.
Gli esseri umani sono biologicamente programmati a diffidare dell’ignoro: è una questione di sopravvivenza.
Nel dubbio, meglio stare lontano che finire mangiato.
Possedere schiavi implicava anche avere a che fare quotidianamente con dei neri.
Di conseguenza è impossibile non rendersi conto che ognuno di loro ha le proprie caratteristiche, la propria personalità.
Tuttavia, dal punto di vista di uno del sud, non c’era niente di male a possedere un nero perché, nonostante tutto, li vedevano come qualcosa di inferiore, più vicino a un capo di bestiame che a una persona.
Dal loro punto di vista, davano loro da mangiare, li trattavano bene ed era loro diritto usarli per i lavori.
Il paradosso è proprio qui: coloro che li avevano liberati perché li vedevano come persone, erano quelli che non volevano averci a che fare e li vedevano attraverso gli stereotipi.
E, viceversa, chi li riteneva inferiori, era in grado di vedere la maggior complessità dei singoli individui.
Se elimini dall’opera, tutte le parti in cui è presente la parola con la G o in cui un nero viene fatto parlare in modo imbarazzate, non puoi vedere queste critiche.
Critiche fatte nella prima metà del ‘900, tra l’altro, quando ancora era normale relegare le persone nere in ghetti e nei posti riservati sugli autobus.
Quindi, secondo me, Via col vento ha delle grandi potenzialità per essere letto criticamente.
Rossella O’Hara icona del femminismo
Rossella è un personaggio a dir poco negativo.
È egoista, meschina, doppiogiochista e non si fa remore neanche a mettere i piedi in testa ai proprio familiari se questo potrebbe avvantaggiarla.
Insomma, non agisce in modo etico, né per quei tempi, né perla nostra epoca.
Tuttavia, ha delle caratteristiche che al tempo erano viste come assolutamente negative per una donna, ma che adesso sono grandi punti di forza.
Rossella è una donna intraprendente, curiosa e intelligente.
Non le importa di cosa possano dire gli altri, lei va per la sua strada e si prende quello di cui ha bisogno.
Nell’arco della storia ha numerosi figli, ma fin dalle prime pagine ripete che la maternità non fa per lei e, infatti, si dimentica in continuazione di avere una prole a cui badare.
Poveri bambini, di certo non cresceranno senza traumi, però voglio spezzare una lancia in suo favore.
Se avesse potuto scegliere, si sarebbe dedicata al proprio lavoro, piuttosto che avere figli.
È interessante anche vedere una donna senza un briciolo di istinto materno.
Il cui scopo nella vita è tutt’altro.
Anche oggi le donne, in maniera meno evidente, vengono spinte verso la maternità. Si sottintende in continuazione che una donna valga di più se diventa madre.
Sarà il nostro bisogno atavico di non estinguerci, ma direi che ormai, con la sovrappopolazione del pianeta, potremmo pure superarlo.
Sinceramente non lo so se la volontà della scrittrice era di raffigurare un personaggio completamente negativo, fuori dagli standard e che, nell’arco della storia, viene punito in ogni modo possibile, ma quello che abbiamo è tutt’altro.
Rossella risulta una donna vera, con un sacco di difetti, ma anche una donna resiliente che continua a rialzarsi e ad andare avanti per sopravvivere.
A tratti risulta insopportabile, ma è proprio questo suo divergere dagli standard che la rende un bel personaggio, lontano dalla donna accondiscendente che ancora oggi viene lodata.
Nel romanzo, Melania, la moglie di Ashley, è la perfetta contrapposizione di Rossella.
Si avvicina molto di più agli standard richiesti dalla società dell’epoca: gentile, premurosa e fragile a causa della salute cagionevole.
Tuttavia, quando c’è bisogno tira fuori la grinta e non si lascia sopraffare dagli eventi.
Nonostante rappresenti la donna ideale, anche la sua vita, come quella di Rossella, è piena di perdite, rinunce e lutti.
In conclusione
La storia di Via col vento ha veramente pochi momenti teneri.
Una nuova disgrazia arriva sempre a rimpiazzare quella appena passata.
Via col vento è un romanzo veramente denso, sia a livello di trama, sia a livello di personaggi che di ragionamenti che si possano fare.
Rispetto a molti altre opere, secondo me, invecchia bene, proprio perché non fa passare come positive le rappresentazioni razziste e stereotipate.
Non pensavo di scrivere così tanto, quindi grazie se siete arrivati fin qui.
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Alle.
