Parliamone: La perfetta ossessione – Jenefer Shute
Casa Editrice: Frassinelli
Anno di Pubblicazione: 1992
Genere: Narrativa
Numero di pagine: 230
La perfetta ossessione, o Life-Size, è un romanzo di Jenefer Shute, autrice nata in Sud Africa, ma che vive nello stato del New York.
Oggi andremo a parlare di un romanzo molto vecchio. Come avrete letto, infatti, la pubblicazione risale a più di vent’anni fa e l’unica edizione che sono riuscita a trovare di questo libro è un audio CD.
Proprio per questo motivo questo articolo è un Parliamone e non una recensione, quanto può essere utile scrivere una recensione di un libro così complicato da reperire? La mia copia è della biblioteca e mi è piaciuto molto, quindi volevo comunque parlarvene, nel caso ve lo ritrovaste davanti tra gli scaffali di un mercatino dell’usato o, appunto, in biblioteca, e usarlo anche come spunto di riflessione.
Trama
Josie ha venticinque anni, laureata in economia con ottimi voti, è ricoverata in una clinica specialistica a causa dell’anoressia. Non potrà lasciarla finché non avrà raggiunto il peso sufficiente per iniziare la terapia psicologica.
Josie, però, vede l’azione del mangiare e il senso di fame solo come una debolezza che attanaglia tutto il genere umano, ma non lei. Lei è forte e ha imparato a resistere ai suoi impulsi e a eliminare dal suo corpo tutto il superfluo, tutto il grasso, tutta la carne, finché non rimangano solo le ossa, solo l’essenziale.
Il rapporto con il cibo diventa ossessivo e ambivalente. Se da un lato lo odia e lo disprezza, tanto da esserne disgustata, dall’altra i suoi pensieri corrono sempre in quella direzione.
Parliamone
La perfetta ossessione non è il primo testo che leggo che ha come tematiche l’anoressia e i disturbi alimentari in generale, sempre qui vi ho parlato anche di To the Bones (Fino all’osso), il film di Neflix.
Rispetto a tutte le altre storie che ho letto, però, ho notato fin dalle prime pagine una differenza sostanziale e importantissima.
Premetto che questo articolo non essendo una recensione, sarà più soggettivo e vi dirò semplicemente quello che è parso a me leggendo questo romanzo.
La storia di Josie e della sua malattia è narrata in prima persona, quindi noi lettori vediamo direttamente le sue parole, la sua mente, i suoi pensieri, come se fossero nostri in un certo senso. Questo è il punto in comune con le altre storie che mi sono capitate.
Chi soffre di anoressia, ovviamente, non pensa che i propri pensieri riguardo al proprio corpo e alla propria alimentazione siano sbagliati, anzi. Molte persone che soffrono di disturbi di questo tipo, inoltre, sono partite con l’idea di liberarsi di qualche chilo di troppo per poi ritrovarsi in un circolo vizioso in cui qualsiasi peso era troppo. Qualsiasi quantità di cibo ingerita era una perdita di controllo.
Fin’ora quando mi sono imbattuta in storie con questa tematica i loro ragionamenti iniziavano a sembrare anche a me sensati e mi è venuto da pensare che in effetti poteva essere un’idea per dimagrire. Che quelli che stanno male è perché avevano esagerato, mentre io sarei in grado di fermarmi. Io avrei avuto autocontrollo, non come il protagonista.
Questa è proprio la problematica principale che ho riscontrato con tematiche di questo genere. Sebbene l’intendo di chi scrive un libro o un film che parla di anoressia sia positivo e voglia mostrare l’assurdità di questa modalità di pensiero, spesso raggiunge nel modo giusto solo le persone che non hanno, o non sono portate ad avere, questa tipologia di pensieri o di problematiche. Quindi, di fatto, persone che non hanno quei rischi e che non hanno bisogno che gli si mostri quanto sia pericoloso. Lo sanno già.
Questo genere di storie, proprio per il fatto che il narratore è in prima persona, ti portano molto vicino a lui e a pensare come lui. Vorrebbero mettere a fuoco la pericolosità di quei comportamenti, quanto siano sbagliati e ingiusti verso sé stessi. Vorrebbero mostrare come spesso siano dovuti a dei traumi irrisolti e come alla fine si possono superare, ma alla fine quello che risalta è proprio la tipologia di pensiero del protagonista e di come lui abbia esagerato, ma io… potrei fare di meglio. O come sia stato debole a decidere di mangiare alla fine del racconto.
In La perfetta ossessione non mi è capitato. È Josie a parlare e a raccontarci la sua storia e per tutto il corso del romanzo lei rimane fermamente convinta di quello che sta facendo, ma allo stesso tempo Jenefer Shute è riuscita a mantenere un distacco abbastanza grande tra il lettore e Josie da permettere di vedere dall’esterno sia la situazione, sia lo stesso pensiero della protagonista. In un certo modo lei può risultare anche antipatica.
È un problema che si deve affrontare ogni volta che si vuole parlare di tematiche difficili come le malattie mentali, le dipendenze, la criminalità e via discorrendo. C’è sempre il rischio di spettacolarizzarla involontariamente o farla sembrare attraente proprio agli occhi delle persone già vulnerabili. Passare da un lato all’altro è davvero facile. Allo stesso tempo, non si possono evitare argomenti del genere e trasformarli in tabù per paura di farli sembrare desiderabili.
In conclusione, vi dico che il libro è veramente bello e se lo trovate, ve lo consiglio calorosamente.
Ditemi se vi è mai capitato di fare ragionamenti simili ai miei o se avete avuto i miei stessi pensieri guardando o leggendo qualcosa o se non siete minimamente d’accordo con me.
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Alle.
Concordo. Ho odiato la protagonista perché la vedevo come una debole che non riusciva a controllarsi, mentre se fosse successo a me sarei stata capace di cavarmela meglio.
Poi, però, pensavo che molte delle sue debolezze sono anche le mie e che quindi probabilmente sarei finita, molto probabilmente, nella sua stessa situazione.
Non so esprimermi bene, ma spero di essere riuscita a spiegarmi. 😊
Controllarsi nel senso di esagerare nel non mangiare o nel non rendersi conto dei propri problemi?