Recensione: Vox di Christina Dalcher
Casa Editrice: Nord
Anno di Pubblicazione: 2018
Genere: Distopia
Numero di pagine: 414
Dove trovarlo: Amazon, Feltrinelli, Mondadori, Ibs
Vox è il romanzo di esordio di Chrisina Dalcher, pubblicato in Italia nel settembre del 2018.
Christina Dalcher è una scrittrice statunitense. Si è laureata in linguistica alla Georgetown University, successivamente ha insegnato linguistica, fonetica e italiano.
Trama
Jean McClellan è diventata una donna di poche parole. Ma non per sua scelta. Può pronunciarne solo cento al giorno, non una di più. Anche sua figlia di sei anni porta il braccialetto conta parole, e le è proibito imparare a leggere e a scrivere. Perché, con il nuovo governo al potere, in America è cambiato tutto. Jean è solo una dei milioni di donne che, oltre alla voce, hanno dovuto rinunciare al passaporto, al conto in banca, al lavoro. Ma è l’unica che ora ha la possibilità di ribellarsi. Per se stessa, per sua figlia, per tutte le donne. Limite di 100 parole raggiunto.
Commenti e critiche
Nei mesi scorsi ho visto questo libro ovunque e, visto il mio amore per il genere distopico, non potevo lasciarmelo scappare.
Si parla inoltre di un mondo in cui le donne hanno un numero limitato di parole al giorno (no, non possono nemmeno scrivere) e, se vedete la lunghezza dei miei articoli, capite perché dovevo assolutamente vedere dove l’autrice si fosse spinta con la sua creazione.
Ma veniamo al dunque.
Il romanzo ci viene narrato in prima persona da Jean, la nostra protagonista, ironia della sorte neuroscienziata specializzata proprio sull’afasia di Wernicke (incapacità di comprendere il linguaggio, nonostante riescano a parlare fluentemente. Si ritrovano a pronunciare frasi e parole senza senso).
Il linguaggio usato nel libro è molto semplice e lineare, ci sono molte frasi colloquiali, perché di fatto il libro è un grande discorso con sé stessa di Jean. Ho trovato lo stile anche eccessivamente semplice considerando che si tratta di una distopia e che ci troviamo nella testa di una neurologa.
Non che pretenda che nella vita una persona che fa questo lavoro, parli tutto il tempo in maniera più affettata, però una ricerca maggiore per quanto riguarda lo stile di scrittura ci sarebbe stato bene.
È passato un anno da quando il governo ha instaurato i braccialetti al polso. Sia questo fatto, sia la scelta della prima persona, ci impedisce di conoscere veramente la natura del governo distopico in cui ci si trova immersi.
In più la storia non si incentra su come sia la vita in questi “nuovi” Stati Uniti. Ci vengono descritti campi in cui vengono mandate le persone che non si sono piegate al sistema, ci viene detto come funzionano le istituzioni, il mondo del lavoro, dell’istruzione, la famiglia, ma direttamente vediamo pochissimo. Jean se la cava piuttosto bene e inizierà molto presto il suo nuovo lavoro che le darà diritti speciali.
Possiamo vedere l’ascesa del governo al potere tramite alcuni ricordi di Jean attraverso cui ci vengono raccontati gli avvenimenti più importanti che hanno portato gli Stati Uniti a quella situazione. Rimane il fatto, però, che Jean è una civile, quindi non sappiamo se le informazioni che abbiamo siano corrette. Anche perché è a dir poco incredibile che gli altri stati del mondo non abbiano fatto niente per impedire agli USA di diventare una sorta di dittatura religiosa.
L’idea di partenza era molto bella, la realizzazione secondo me no. Non riesce a trasmettere l’angoscia e il senso di immobilità tipici di altri libri del genere, come 1984 in cui si sente fortemente il peso del governo costantemente presente.
O, per citare qualcosa di meno iconico e con cui sia più semplice paragonarsi, Ragazze Elettriche che si avvicina anche come tematiche. Nel romanzo di Naomi Alderman, così come in quello di Orwell e, in generale, in molte distopie, la tensione si percepisce in ogni parte del testo, indipendentemente dal finale positivo o meno della storia.
In Vox, al contrario, non viene trasmesso il senso di impotenza e di impossibilità al cambiamento che caratterizzano il genere e di conseguenza non trasmette alcuna angoscia.
In conclusione
Tiriamo un po’ le somme: l’idea di Christina Dalcher mi piaceva molto, così come le spiegazioni che ha trovato per giustificare il mondo da lei creato.
I motivi che ci vengono mostrati sono spaventosamente realistici, tant’è che chiunque potrebbe aver sentito nella “vita vera” alcuni dei ragionamenti che vediamo nel romanzo:
«Non lo so. La prof è una tipa a posto e qualcosa di giusto lo dice, ogni tanto. Sai tipo quant’è difficile per i bambini quando entrambi i genitori lavorano, e come le persone hanno perso di vista il valore delle cose semplici. […] Come fare giardinaggio e cucinare, cose così, insomma. Invece di correre da una parte all’altra a fare lavori stupidi.»
[…] Al tempo dei greci c’era già l’idea di una suddivisione tra sfera pubblica e privata, ma a ben guardar viene da più lontano. Pensa alle comunità di cacciatori e raccoglitori. Biologicamente siamo adatti a cose diverse. […] Gli uomini e le donne, ma’ […] Non sto dicendo che sei debole. Solo che sei fatta in modo diverso.»
Ditemi chi non ha mai sentito discorsi simili almeno una volta nella sua vita da qualcuno che non stava scherzando.
In ogni caso, i toni del romanzo rimangono sempre calmi, nonostante accadano degli avvenimenti terribili. Non ho trovato nessuna parte che fa alzare la tensione o che lascia senza parole per la brutalità di quello che accade o che ti lascia col timore che quello che si sta leggendo possa accadere sul serio.
Sono rimasta alquanto delusa da Vox e devo ammettere che mi dispiace parecchio, viste le mie alte aspettative.
Per questa recensione è tutto, se lo avete letto, commentate, ditemi che cosa ne pensate.
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Alle.

Vox di Christina Dalcher – Amazon, Feltrinelli, Mondadori, Ibs